Pappa boys – i peluches dell’ infanzia negata (Artitude.eu)

BARCELLONA (Artitude.eu – 2012/05/12)

pappa boysL’installazione di Paolo Lorenzo Parisi esposta a Barcellona vuole ricordare, con 16 peluches dal ventre squarciato, i bambini vittime della guerra

Una volta c’era la tenerezza dei Teddy Bears, sopravvissuti a una battuta di caccia del presidente americano Theodore Roosvelt (da cui appunto “Teddy”) che si rifiutò di sparare a un cucciolo di orso. Gli orsetti Teddy divennero un classico commercializzato in tutto il mondo, fino a diventare oggetto da collezionismo venduto all’asta a cifre da capogiro (Il 1993 è l’ anno della prima asta interamente dedicata agli orsacchiotti da collezione dalla casa d’aste Christie’s).

Oggi, con l’artista genovese Paolo Lorenzo Parisi, i Teddy Bears sono diventati il simbolo dell’innocenza tradita. Protagonisti fino al 22 maggio della mostra personale dell’artista dal titolo “Pappa boys”, presso la galleria ArtWindow di Barcellona, hanno cambiato il loro nome rassicurante e sono diventati un’installazione dal forte impatto visivo ed emotivo, una denuncia contro la violenza e la guerra nel mondo. Paolo Lorenzo Parisi ha creato una moltitudine di peluches di diverso colore e grandezza, ne ha squarciato il ventre ed eliminato l’imbottitura. Poi li ha riempiti di guanti di lattice e ricuciti con filo di sutura.

Questa installazione è nata dall’osservazione di un particolare da una immagine televisiva” dichiara l’artista. “Il momento tragico scompare, al Teddy squarciato dalle schegge di una bomba manca qualcosa, che io vado a sostituire con un intervento chirurgico e veloce come il taglio preciso e netto di un bisturi, la sutura della ferita e l’imbottitura simbolica di guanti di lattice. Questa mia descrizione è l’idea colta come un segno tracciato di getto. A questo punto nasce il racconto“.

La mostra, curata dalla visual-artist genovese Federica Barcellona, è alla sua terza tappa, dopo Genova e Milano.

Quella dei Pappa Boys non è una rassicurante morbidezza, ma ciò che rimane di un’infanzia che non ha ricevuto l’abbraccio di nessun tenero peluche e ha conosciuto l’assurdità criminale della guerra.“La guerra “continua Parisi “porta ferite che il chirurgo è chiamato a ricucire, l’artista come chirurgo, opera su un orso di peluche per ogni bambino che continua a morire” . Ogni orsetto porta attaccato un cartoncino con un nome proprio  tradizionale dei continenti teatro di guerra, perché la parola e quindi la narrazione è uno degli elementi fondamentali dell’installazione  (pappa è inteso sia come verbo che come sostantivo e per boys s’intendono appunto i ragazzi, i bambini) e i giochi di parole, che diventano un richiamo al pubblico per rielaborare l’informazione visiva e maturare riflessioni: danno al pubblico un sollievo e sono a volte più importanti delle immagini (mi riferisco alle mie foto digitali). Il ruolo del pubblico è basilare. Sono molto attento al pubblico che considero nelle reazioni, sia positive che negative, parte integrante dell’opera. Se il pubblico viene provocato con ironia, noto che la tensione creata da temi a volte molto duri si alleggerisce e la visione dell’opera da parte del pubblico diventa più critica“.

Nato nel 1956, Paolo Lorenzo Parisi vive e lavora a Genova. “La pittura per me oltre a una necessità è lo stimolo iniziale per cogliere le idee che mi portano a realizzare le mie installazioni o performance. Penso che ogni mio lavoro nasca dal segno come meccanica mentale. Inoltre penso che per raggiungere un buon lavoro il percorso debba avere le sue difficoltà. Mi piace l’idea di mostrare un racconto. La mia esigenza è denunciare e ricordare“.

I Pappa boys s’inseriscono nel percorso artistico concettuale di Parisi volto a mettere in luce – attraverso la provocazione – le convenzioni, l’ipocrisia, le contraddizioni della società, come risulta evidente nelle sue due ultime mostre personali, Ho rivisto Elvis e Doppiasclero, in cui la svastica è diventata decorazione per mini giardini e la madonnina con l’acqua di Lourdes si trova vicina al pupazzo di Bart  Simpson.

Il lattice è oggetto feticcio dell’artista che spiega: “I guanti di lattice rappresentano per me l’oggetto più contemporaneo del mondo occidentale e dei paesi più ricchi: dalla nascita alla morte sono presenti nella nostra vita, simbolo anche del quotidiano usa e getta. Più ci allontaniamo dalla natura e dalla realtà, più questo oggetto si presenta come rimedio ai danni commessi e anche alle varie necessità reali. Molteplici sono gli usi che non sto ad elencare… basta osservare. Inoltre è un oggetto che mi affascina dal punto di vista estetico e che mi consente nella sua duttilità di creare varie installazioni sposandosi con vari ambienti e oggetti. Rappresenta per me l’anello di congiunzione tra visibile e mentale”.

Numerosi i progetti futuri: un’installazione dedicata alla censura a Venezia (Palazzo Zenobio degli Armeni) a cura della Galleria Immagine e Colore, a cui seguirà un’installazione/performance in Svizzera con la Galleria Studio 44. In programma ci sono anche una collaborazione con lo scrittore e performer vocale Edoardo Laudisi, un progetto con un artista praghese che lavora con installazioni sonore e in autunno un’installazione fotografica presso SpazioArch a Londra per i sessant’anni della Regina Elisabetta.

SONIA COSCO for ARTITUDE

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