Frammenti di scritti critici sull’artista

Sala d’Arte Nuova Cartex, Genova 2010, “The Family” (Frammenti)

[…] The Family (Frammenti) è una riflessione, un’introspezione che l’artista vuole sviluppare ed ampliare sul concetto di famiglia, il più piccolo nucleo sociale, che poi può riflettere tutte le famiglie, la moltitudine di più varie e possibili aggregazioni umane. Nelle grandi tele i corpi, i volti sono volutamente frammentati, mescolati, sparsi, filtrati, traboccanti, sempre sui due toni di colore più semplici e essenziali, quasi a voler fare pensare a una nuova dimensione dell’individuo, fluido, liquido, nella società contemporanea dei media, cangiante multiforme senza più riferimenti sicuri, dei nostri giorni. […] La tecnica di queste opere è il getto spontaneo, quasi graffiato, surreal-espressionista nel suo concretizzarsi anche con slanci ludici ed ironici – famiglie stilizzate isolate essenziali, simbolo di una umanità disorientata annientata precaria – Impara / A scolorare il pensiero / Senza fartene accorgere (da Controluce, G. Mortara). […] L. Mortara.

Galleria Studio 44, Genova 2010, “192 MIGLIA” “Intuizioni – Immersioni – Ricognizioni”

[…] I suoi quadri-culle vogliono scuotere nell’intimo il pensiero del fruitore, e per questo l’artista deve abbandonare il suo gesto pittorico per concentrarsi sull’elemento neutro: il non-colore, ovvero il bianco e l’oggetto-simbolo tecnologico dell’uomo moderno: i guanti in latex. L’artista, sempre in ascolto delle problematiche esistenziali dell’uomo, ci vuole trasmettere il suo sentire sociale e storico intrecciati al suo fare Arte. Le sue culle urlano lo sconforto e il dolore dell’uomo, la perdita che ha dovuto subire dagli albori della civiltà per l’organizzazione, il progresso e l’innalzamento del livello di vita.

Possiamo parlare solo di ciò di cui conosciamo, ma l’artista ci vuole intrattenere sul grado dell’assenza, della perdita e fare riflettere e rendere coscienti che i germi del Caos, della crudeltà e della stupidità sono tutti annidati nella nostra vita quotidiana come lo erano nell’antichità. A noi di decifrare quelli moderni.

Altro tema che l’artista sviluppa sono le armi – congegni di morte –, affiancati dalle Madonnine – congegni di assolutismo –, chimere per gli assetati di falsi idoli e di potere, simboli di un’umanità che sta andando alla deriva, che sta dimenticando i caratteri fondamentali del proprio cuore. […] L. Mortara.

Giardini della Torre del Borgo, Lavagna 2009, “Donne al mare”

[…] Nel suo nuovo linguaggio Parisi – alla ricerca del segreto del tempo e del mistero dello spazio – addomestica forme fluenti, ripercorre getti multicolori, plasma la figura archetipa e surreale della donna – cirro attorcigliato, perlaceo, sfaccettato e opulento di nebulosa scintillante – a specchiarsi sul moto di onde e schiuma di un mare infinito – desiderio, passione e follia – respiro del mondo che verrà. […] L. Mortara.

Galleria d’Arte Il cancello, Genova 2009, “Ho rivisto Elvis”

[…] La poetica di questo artista ironico, disincantato, spirituale – a raffigurare scene impossibili e giochi di parole e di senso – vuole colpire e rapire, come di sorpresa, e in tal modo approfondire la nostra comprensione dei messaggi distorti, dei condizionamenti, dei falsi miti cui andiamo incontro incessantemente tutti i giorni. – Ho rivisto Elvis – il suo è un messaggio apocalittico, sinaptico, empatico, apofantico, ovvero un monito e al tempo stesso una rivolta verso la natura stessa dell’uomo, e la natura debole della sua mente. […] Nella società contemporanea le sfide sono innumerevoli per la libertà del nostro pensiero e per l’esercizio dei nostri desideri più profondi e naturali. Tele-culle e orsetti-totem – Teddy Bear – o ricettacoli di guanti indifferenziati, sono oggetti comuni qui utilizzati in una nuova veste immaginativa e fortemente evocativa in una concezione che procede nel solco dell’Arte Concettuale. Oltre al tema degli orsetti e dei guanti, che era già stato utilizzato dall’artista in occasione di alcune mostre precedenti (Flash Art Show, Milano 2005; Barcellona, Spagna 2006, DOPPIASCLERO, Genova 2008) in questa nuova performance ci avviciniamo al cuore di nuovi concetti cari all’artista genovese: per esempio, la Madonna di Lourdes pubblicizzata dalla Coca-cola, un biglietto della partita del ’55 tra Jugoslavia e Italia, una pubblicità per mangime per cani.

La culla – simbolo della nostra infanzia – ci ricorda le nostre origini e l’estrema fragilità dei primi anni di vita, di una fase delicata e fondamentale nella maturazione del nostro essere e del nostro io. In realtà questa fase si prolunga poi per tutta l’adolescenza. Allo stesso modo l’orsetto Teddy rappresenta bene questa fase d’idillio e di purezza sentimentale. E qui Parisi ci pone guanti, guanti, guanti, una schiera di guanti in lattice. Il prodotto dell’uomo contemporaneo: l’intrusione, il contraddittorio, il rovesciamento dei valori. Il simbolo del guanto, qui inteso come strappo, lacerazione, dolore, morte, predominio delle guerre, dei soprusi sul corpo umano inerte, malato o trapassato. […] L. Mortara.

Galleria Studio 44, Genova 2008, “Doppiasclero”

[…] “Nella sua creatività, non me lo vedo in trincea, ma sul campo, seppure solitario, a elaborare azioni di attacco, simulazioni, per confondere, bloccare, fare riflettere…” (dalla critica del 2002 di Giuseppe Mortara, 1938-2006) e così prosegue Parisi con questo suo nuovo lavoro e se leggessimo DOPPIAS CLERO staccando mentalmente la parola in due – e non ci dimostrassimo arrugginiti coi giochi di parole e mostrassimo di avere arterie ben pulite e non sclerotiche – avremmo il quadro storico completo, documentato da dati, fotografie e articoli giornalistici, dal quale l’artista genovese è partito. È sul finire della seconda guerra mondiale nel 1945 che diversi capi nazisti tedeschi sono in fuga dai russi e dagli alleati americani – SS e clero – arriveranno a Genova di nascosto e grazie ad aiuti del clero genovese potranno imbarcarsi sotto falsi nomi e raggiungere incolumi paesi del Sud America.

[…] L’artista vuole disorientare l’osservatore, ma sempre con un fine ben preciso e pone simboli di morte – le svastiche – con erba verde e rigogliosa, simbolo di vita, di rinascita… e le tele capovolte, o culle – come ricettacoli di guanti in lattice – altro simbolo moderno metaforicamente a simboleggiare il progresso e il prezzo da pagare per il nostro sviluppo e le nuove tecnologie. Guanti, guanti, guanti, una schiera di guanti indifferenziati. La ripetizione di un solo elemento che pero’ non crea ordine, disciplina, logica, bensì il suo contrario: il Caos. […] L. Mortara.

Galleria d’Arte Il cancello, Genova 2008, Retrospettiva

Mentre la Grande Madre dei tibetani – Ma gcig – illuminava le menti e i cuori con le sue parole e suoi canti La radice di tutti i demoni è la propria mente, Parisi sa farsi interprete degli enigmi e dei misteri che ribollono nel sottosuolo dell’uomo contemporaneo e dargli una forma, una sostanza. I colori lucenti dei suoi acrilici, smalti e oli sembrano scuotere l’osservatore nel suo intimo capovolgendo tutte le sue certezze acquisite nel tempo con la logica e il raziocinio. Per seguirlo bisogna abbandonare il sentiero di tutti i giorni per intraprendere un viaggio interiore alla ricerca dei propri miti, di storie sognate, di mondi irreali, racchiusi nel profondo dell’io. […]

Lo specchio con ombre e sfumature che Parisi con le sue opere sembra porci di fronte non ci rimanda un viso di eterna bellezza e giovinezza, come quello che Dorian Gray incessantemente osservava nel dipinto capolavoro-demoniaco del suo amico, in tutta la sua vanità e malvagità, nel romanzo di Oscar Wilde, ma presenze di mondi paralleli del qui e ora, dell’oggi e dei domani possibili. Queste forme sono coscienti del proprio divenire e sono come addomesticate solo con il rifiuto che l’artista pone a se stesso in tutta la sua dialettica e poetica di non cedere a facili modelli che il mondo moderno ci preconfeziona con i suoi dogmi e preconcetti, atti solo all’azzeramento della propria coscienza e del proprio arbitrio. […] L. Mortara.